Ispirazione
Nella lingua teologica, “Ispirazione” denota l'influenza dello Spirito di Dio sulla mente degli scrittori sacri o illuminazione divina;
per cui esso comunicò loro la conoscenza delle verità religiose o di eventi futuri e li preservò, dall'errore nel diffondere così oralmente come per iscritto, quelle verità.
I profeti e gli apostoli "hanno parlato essendo sospinti dallo Spirito Santo" (2Pi. 1:21). Però non erano meramente passivi; erano in uno stato di recettività e le loro facoltà erano sollevate al più alto grado di spiritualità. Lo Spirito divino agiva sopra ognuno, secondo la propria individualità e se ne valeva, non come d'una macchina, ma come d'un libero e responsabile agente. Indi la differenza di stile e di trattamento del soggetto.
La Bibbia è, a un tempo divina e umana come la Persona di Cristo che essa riflette. Vi sono varie teorie sulla ispirazione, riguardo al suo modo e ai suoi gradi. Tutti i Cristiani sono d'accordo nel dire che nella Bibbia, e nella Bibbia sola abbiamo una piena e perfettamente sicura rivelazione di Dio; e che essa è la regola infallibile della vita e della nostra fede.
L'apostolo Paolo, scrivendo a Timoteo, si disse convinto del fatto che "ogni Scrittura è ispirata da Dio" (2 Ti. 3:16). Nell'originale greco egli usò il termine composto theó-pneustos (letteralmente: "alitata/soffiata da Dio") per sottolineare l'origine divina, non umana, dei libri che compongono la Bibbia. Commentava a tale riguardo Benjamin B. Warfield nella International Standard Bible Encyclopaedia del 1915 (vol. 3; s.v. Inspiration): "Questo passo fondamentale dichiara semplicemente che le Scritture sono un prodotto divino, senza fornire alcuna indicazione sul come Dio abbia operato per produrle. Tuttavia, non si sarebbe potuto scegliere un termine che avrebbe potuto asserire con più energia l'origine divina della Scrittura, di quello impiegato in questo passo. Nella Scrittura il "soffio" di Dio è simbolo della sua onnipotenza, il mezzo di trasmissione della sua parola creativa. Nel significativo passo parallelo (Sl. 33:6) leggiamo: "I cieli furono fatti dalla Parola del Signore, e tutto il loro esercito dal soffio della sua bocca". Questo vocabolo (ebraico), ruah, è usato particolarmente per descrivere le opere più potenti di Dio: il "soffio” di Dio è l’irresistibile emanazione della sua potenza... I libri della Bibbia sono detti “ispirati” perché sono il prodotto divino realizzato mediante uomini ispirati; gli scrittori della Bibbia sono chiamati "ispirati" nel senso che lo Spirito Santo ha soffiato in loro, cosicché il prodotto della loro opera trascende le capacità umane ed è rivestito di autorità divina.
Per questo, generalmente, l'ispirazione è definita come un'influenza soprannaturale esercitata Sugli scrittori sacri dallo Spirito di Dio, in virtù della quale ai loro scritti è comunicata una divina "attendibilità".
Entrambi i Patti identificano le parole della Scrittura con la stessa parola di Dio. Vari passi veterotestamentarii descrivono la legge di Mosè come espressione verbale di Dio (Ne 8; Sl. 119; ecc.); mentre gli autori del N. P. intendono l'Antico come l'insieme dei lóghia toù theoù ("oracoli di Dio": Ro. 3:2), profetici nel carattere (Ro. 16:26) e scritti da individui che sono stati appositamente guidati e istruiti dallo Spirito Santo di Dio (1Pi. 1:10-12; 2 Pi. 1:20,21). Gesù e gli apostoli citavano frequentemente le Scritture ebraiche; lo facevano non solo per ricordare quello che uomini come Mosè, Davide o Isaia dissero sotto la guida dello Spirito (Mr. 7:6-13 e 12:35-37; Ro. 10:19-21 e 11:9), ma anche per ribadire il fatto concreto che Dio stava parlando per mezzo di loro (Mt. 19:4,5; 1 Co. 6:16; 2 Co. 6:16-18; Eb. 1:5-13 e 8:8-12), ovvero che era stato lo Spirito stesso a parlare (Eb. 3:7-11 e 10:15-17).
Che le affermazioni della Scrittura fossero pienamente assimilate alle parole di Dio, era chiaro anche da ciò che Paolo disse in merito sia alla promessa fatta a Abraamo (Ga. 3:8) sia alla minaccia rivolta al Faraone dell'Esodo (Ro. 9:17). E quando lo stesso autore ordinava qualcosa ai suoi lettori "nel nome del Signore Gesù" (come per esempio in 2 Te. 3:6), avvalendosi dell'autorità che gli derivava dall'essere "apostolo di Cristo" (1 Co. 14:37) e ribadendo che il suo parlare era assolutamente guidato dallo Spirito Santo (1 Co. 2:9-13), egli poneva un preciso paradigma: quello dell'ispirazione apostolica, la quale per certo richiede, verso gli scritti neotestamentari, lo stesso atteggiamento che gli insegnanti cristiani avevano nei confronti delle Scritture ebraiche (si veda anche la testimonianza di Gesù circa l'insegnamento apostolico nel resoconto fornito dal quarto evangelista: Gv. 15:26,27; 16:12-15; 17:20; 20:21-23). Come la Scrittura, essendo stata data da Dio, "non può essere annullata" (Gv. 10:35), così è della testimonianza apostolica: sia essa di tipo orale o scritto, resta sempre la verità che Dio garantisce e che tutti coloro i quali gli appartengono e lo conoscono saranno in grado di ascoltare (1 Gv. 4:6).
Siccome il Dio che ha creato le Scritture, santificando gli sforzi redazionali dei suoi servi, è assolutamente veritiero e non può ingannare, ne consegue che per il suo popolo l'inerranza biblica diventa un preciso articolo di fede. La fedeltà di Dio e l'affidabilità della Sua Parola scritta costituiscono una reale garanzia di stabilità per la vita e per il ministero di ogni vero cristiano: "L'erba si secca, il fiore appassisce, ma la parola del nostro Dio dura per sempre" (Is. 40:8).