Cultura arabo-islamica in Italia
L'immigrazione in Italia di centinaia di persone di cultura araba ha fatto dell'Islam la seconda religione quanto a numeri di adepti - la prima è ovviamente il Cattolicesimo Romano, di cui ci siamo occupati nel primo "Quaderno" di questa serie. La grande moschea di Roma è un chiaro simbolo della massiccia presenza islamica nel nostro Paese.
Ma questo fenomeno non è nuovo in Italia. Infatti già dalla metà del secolo VII d.C. il nostro Paese aveva subìto non poche scorrerie musulmane, specialmente in Sicilia e in Sardegna. Dopo circa un secolo, la Sicilia cadde tutta in mano musulmana.
A quell'epoca, la Sicilia faceva parte dell'Impero Romano d'Oriente, che ancora esisteva e prosperava. L'iniziativa di invadere l'isola fu di un governatore locale dell'attuale Tunisia, un certo Ibrahìm ibn al-Aghlab, e dei suoi consiglieri, con la complicità di Eufemio, un ambizioso ufficiale della flotta bizantina di Sicilia, che, in cambio di favori futuri, era disposto a tradire. Il nome di questo traditore sussiste ancora in quello di Calatafimi o Rocca di Eufemio.
L'invasione ebbe luogo a metà giugno dell' 827 con uno sbarco a Mazara, dove ancora oggi esiste una comunità siculo-tunisina di pescatori e artigiani. La flotta araba consisteva di una settantina di imbarcazioni, affiancate da altre sotto il comando di Eufemio. I Bizantini cercarono di reagire vigorosamente, ma furono sconfitti. Ci vollero però anni prima che tutta l'isola fosse in mano araba. Si pensi che quando nell'estate dell' 877 Siracusa fu conquistata dagli Arabi, ancora un quarto dell'isola restava da conquistare. Ci vollero altri 25 anni prima che tutta la Sicilia fosse sotto il completo dominio arabo.
Durante tale dominio, che durò fino al 1060 con la conquista normanna dell'isola, la popolazione dei dominatori ammontava più o meno a mezzo milione di persone, mentre i Siciliani erano uno o due milioni - data la scarsità dei documenti storici dell'epoca, non è possibile essere più precisi.
La conquista romana
La conquista normanna, tuttavia, non eliminò la cultura araba e musulmana, che si era stabilita in Sicilia, tanto che si può dire che la restaurazione normanna fu solo a livello religioso, ma non a livello politico, economico, giuridico e culturale, perché continuarono a sussistere nell'isola chiari elementi propri della cultura degli ex-dominatori. Del resto, centinaia di migliaia di arabi o arabizzati continuarono a vivere in Sicilia, concentrati soprattutto nel Val di Mazara. Sebbene fossero cittadini di seconda categoria, questi arabi godevano di notevole libertà personale e furono per lo più agricoltori e commercianti. L'influenza araba, dunque, continuò, tanto che addirittura gli storici parlano di una civiltà arabo-normanna. Tracce di tale civiltà si trovano in alcuni resti monumentali, in usi e tradizioni, nel carattere della sua popolazione, nella lingua.
Per quanto riguarda il resto d'Italia, come ho accennato, essa fu continuamente oggetto di scorrerie arabe lungo le sue coste. Frutto di tali scorrerie fu, attorno alla metà del secolo IX, la costituzione in Puglia, e precisamente a Bari e Taranto, di due piccoli emirati musulmani, durati l'uno venticinque e l'altro una trentina di anni.
La scorreria più clamorosa fu quella su Roma nell'agosto dell' 846. Un'armata musulmana, risalendo il Tevere da Ostia, riuscì a raggiungere le basiliche di S. Pietro e S. Paolo, allora fuori delle mura della città. Gli invasori però non erano tanti da assicurare una conquista durevole e ben presto dovettero ritirarsi, dopo essere stati sconfitti nella battaglia di Ostia. Ritirandosi, però, saccheggiarono Fondi e cercarono, senza successo, di conquistare Monte Cassino e Gaeta. Eppure nell'881 i Musulmani riuscirono a saccheggiare l'abbazia benedettina di S. Vinzenzo al Volturno, e nell' 883 proprio quella di Monte Cassino.
Come ho già accennato, anche la Sardegna fu oggetto di scorrerie arabe, ma non si riuscì mai a stabilire un dominio musulmano nell'isola, come accadde invece con la Sicilia. Questo insuccesso fu dovuto soprattutto alla tenace resistenza dei Sardi, che qualche volta potettero anche contare sull'intervento dei Pisani e dei Genovesi.
Incredibilmente vi furono scorrerie di Saraceni ( così furono anche chiamati gli arabo-berberi provenienti dall'Africa del Nord ) in Italia settentrionale, attraverso le Alpi, provenienti ovviamente dalla Spagna, in parte occupata da arabi per anni, e dalla Francia meridionale.
Tutti questi contatti con gli Arabi, e specialmente la loro lunga presenza in Sicilia, hanno lasciato tracce evidenti in ogni campo della cultura italiana - nell'architettura, nella matematica, chimica, nelle lingue o dialetti parlati in Italia ...
In Sicilia alcuni cognomi sono di origine araba, quali Vadalà, Cangemi, Marabotto, Morabito, Sciortino, Macaluso. Sono di origine araba anche parole siciliane quali, ad esempio, burgiu ( pagliaio ), zappa ( misura d'acqua ), rabba ( granaio ), maramma ( fabbrica ), zàgara ( fiore ). Di origine araba sono poi vari vocaboli della nostra lingua nazionale, quali, ad esempio, zenit, astrolabio, almanacco, algebra, zero, cifra, cubo, alambicco, elisir, amalgama, nuca, trippa, racchetta, ricamo, tarsìa, o lavoro di incastro di metalli e legni, arsenale, darsena, razzìa, gabella, tariffa, giada, tazza, giubba, ragazzo. ... Sono di uso comune, ovviamente, vocaboli tipici della cultura e religione araba quali moschea, minareto, sultano, califfo, visir. Interessante è il termine "assassino", che viene da hascisc, termine arabo che indica la droga usata da antichi "killers", membri di una fanatica setta religiosa. E per quanto incredibile possa sembrare, sono di origine araba i nomi di piante quali arancio, limone, albicocco, zucchero, zafferano, carciofo, melanzana e tamarindo. Com'è noto, poi, dobbiamo agli Arabi gli stessi numeri che usiamo continuamente, detti, appunto, "numeri arabi".
Dietro questi vocaboli, specialmente quelli che hanno a che fare con la matematica, c'è naturalmente l'interesse degli Arabi in vari campi del sapere. Gli studiosi, ad esempio, sanno bene di filosofi e scienziati quali Avicenna, nome con cui è noto Ibn Sina, filosofo e medico ( 980- 1037 ), di origine persiana ma arabizzato, e Averroè ( 1126-1198 ) o, meglio, Ibn Rushd, filosofo e scienziato arabo-spagnolo. Di Avicenna ci è pervenuto il suo "Canone di medicina", un'enciclopedia in cinque libri, tradotta anche in latino, che fece testo nelle università europee. La sua fama fu tale che Dante, che pur colloca Maometto nel suo "Inferno" assieme ad Alì, suo genero e quarto califfo ( Inferno XXVIII, 31,35 ), pone Avicenna nel Limbo tra "li spiriti magni", assieme ad Aristotele, il "maestro di color che sanno" ( Inferno IV,143 ) - il Limbo, nella concezione dantesca, è il luogo dove sono personaggi famosi dell'antichità, che, pur essendo "buoni", non possono entrare in Paradiso perché non furono cristiani. Ed a proposito di Dante, ha fatto e fa ancora discutere un interessante saggio dello studioso spagnolo M. Asìn Palacios dal titolo "La Escatologia musulmana en la Divina Comedia", apparso recentemente in italiano, pubblicato dall'editrice EST, col titolo "Dante e l'Islam - L'escatologia islamica nella Divina Commedia", seguito da un altro saggio dello stesso autore, intitolato "Storia e critica di una polemica". Il Palacios cerca di dimostrare che Dante, nel comporre il suo celeberrimo capolavoro, è stato notevolmente influenzato dalla letteratura islamica, a partire dal Corano. In questa sede non posso entrare nel merito di tale interessante tesi, ma resta che le tracce della cultura islamica in Italia non sono per niente trascurabili.
Tornando ad Avicenna, in filosofia aderì all'Aristotelismo, subendo però anche l'influenza neo-platonica. Ed a proposito di Aristotelismo, fu soprattutto mediante l'opera di Averroè, che il pensiero di Aristotele fu meglio conosciuto e si diffuse in Europa. Ad Averroè infatti si devono tre serie di commenti alle opere di Aristotele, oltre ad un'enciclopedia medica e a vari altri trattati filosofici, tra cui "L'incoerenza dell'incoerenza dei filosofi", una confutazione dell'opera "L'incoerenza dei filosofi" del mistico musulmano Al-Gazali. Molto importante è il fatto che nei commenti ad Aristotele, Averroè abbia riportato anche il testo dei suoi scritti.
Qui non è il caso di trattare dei contenuti di queste opere, ma è significativo che in un' illustre storia della filosofia quale quella dell'Abbagnano, un intero capitolo, il X del I volume, sia completamente dedicato alla filosofia araba ( si veda l'edizione della UTET, Torino 1982, rist. 1988, vol. I, pp. 459 ss. ).
Quanto alla letteratura araba nota in Italia, basti pensare alla famosa Alf layla wa-layla o "Mille e una notte", una raccolta di storie varie, tuttora popolari anche in Italia, tra cui quelle di "Alì Babà e i 40 ladroni", della "Lampada di Aladino" e di "Sindband il marinaio".
Per quanto riguarda la religione, come ho già accennato, l'Islam comincia oggi ad essere sempre più noto nel nostro Paese proprio per la presenza di musulmani immigrati per ragione di lavoro - ora c'è anche una grande Moschea a Roma, come tante altrove in Europa. Ci giunge notizia anche di italiani che si convertono all'Islam ... Ed è principalmente dell'aspetto religioso della cultura araba che mi occupo in questo "Quaderno", esaminandolo, naturalmente, alla luce della Parola di Dio. Con queste pubblicazioni, infatti, non facciamo semplicemente "storia delle religioni", ma il nostro scopo principale è la proclamazione della Verità, per contribuire anche noi a che molti conoscano l'unico vero Dio e Colui che Egli ha inviato, Gesù Cristo, Signore e Salvatore, per avere la vita eterna ( Gv.17:3 ). E questo lo facciamo senza disconoscere l'alto valore umano della cultura arabo-islamica, a cui tanto dobbiamo anche noi italiani, e quanto di verità possiamo notare nell'Islam stesso, come in altre religioni e filosofie di questo mondo.